I luoghi per l'apprendimento. Una proposta ideativa per la città di Rimini

Il singolo nel tutto, il programma di una scuola inclusiva

Il progetto della scuola FAI BENE ispira le proprie scelte programmatiche a principi spaziali che siano in grado di persuadere ad una corretta interpretazione della sfera collettiva. La crescita del bambino è infatti dipendente dall’ambiente in cui essa avviene, pertanto tale ambiente deve essere in grado di comprendere i principi che stanno alla base dello sviluppo della personalità del singolo individuo. Le teorie Pedagogiche che si sono via via sviluppate nel corso della scienza dell’educazione contemporanea hanno messo in evidenza come l’inclusività dello spazio scolastico e la sua capacità di creare una diversificata clusterizzazione della propria utenza sia alla base del successo del progetto educativo. Questa concezione che vede oggetto e soggetto, sfera collettiva e individuale, relazionarsi in maniera dialogica, prende origine dalle teorie pedagogiche Steineriane a loro volta ispirate ai principi della fenomenologia Goethiana. In base a queste teorie viene dunque riconosciuta una dimensione individualista ed interiore, che origina da caratteri intrinsechi del singolo e dalla relazione tra questi e l’ambiente esterno. In altri termini viene riconosciuta una capacità cognitiva propria e distinta per ogni soggetto, derivante sia dalle proprie caratteristiche genetiche che dall’ambiente cognitivo collettivo. Nell’ambito della vita scolastica è opportuno, dunque, definire differenti momenti di apprendimento, dando spazio all’apprendimento collettivo in gruppi più o meno grandi, oppure a momenti di individualità e relazione frontale insegnante/alunno, infine momenti in cui il singolo studente possa in autonomia elaborare in base alle esperienze, la propria coscienza individuale.

Tradotto in termini spaziali ed architettonici questo principio implica il susseguirsi di spazi di differenti scale e dimensioni, più o meno adattabili alle esigenze di insegnamento, tali per cui sia possibile eseguire attività in diversi gruppi, in cui esista dunque una mediazione tra collettività e singolo. Il progetto della scuola origina dunque da questa sequenza che va dal collettivo all’individuale in una stratificazione a 5 livelli.

Il primo livello è quello pubblico dallo spazio esterno attrezzato a parco collettivo ed a parcheggio, si transita poi ad un secondo livello che è quello del cortile circolare, nel quale si passa ad una dimensione collettiva più ristretta e che può essere adattato per attività extrascolastiche, utilizzato come sala d’attesa per l’uscita di scuola o come parco giochi per i bambini stessi.

Il terzo livello, invece è definito dall’atrio della scuola che diviene all’occorrenza luogo di scoperta e interrelazione interno alla comunità scolastica ed anche esso adattabile per usi alternativi ed aperti al pubblico esterno. Questo spazio è un luogo di fulcro attraverso il quale grazie alla presenza dell’adiacente corte vetrata, alla doppia altezza, alla scala di accesso al piano primo, alla presenza delle pareti mobili dello spazio multiuso al piano terra, all’articolazione delle funzioni attorno ad esso, ed alle grandi aperture sul cortile sul retro della scuola poste tra una blocco classi e l’altro, scaturiscono molteplici relazioni visive che arricchiscono la dimensione esperienziale dello spazio e la percezione della vita collettiva stessa nelle sue diverse fasi e scale.

Il quarto livello e quello delle classi e dei laboratori didattici, una dimensione più ristretta, ma adattabile per allargarsi ad un gruppo di due classi o laboratori, che vengono sempre aggregate a gruppi di due. Le classi sono dotate di arredi flessibili e differentemente adattabili, in modo da offrire possibilità di definire lezioni di tipo frontale, momenti di relazione diretta 1 a 1 insegnate / studente, oppure momenti di workshop in gruppi più piccoli.

Infine il quinto ed ultimo livello è quello più ristretto nel quale si svolgono attività individuali o di piccoli gruppi, questo implica la creazione di spazi dalle ridotte dimensioni e di nicchie. Questi elementi sono presenti in maniera diffusa su tutta la superficie della scuola in modo da dare la possibilità anche ai bambini più introversi di trovare il proprio spazio con sé stessi. Troviamo delle nicchie sotto la scala dell’atrio principale, in uno spazio aperto tra classi e laboratori in diretta connessione con i corridoi che abbiamo definito di “scoperta”, lungo il perimetro del cortile sul retro della scuola dove al movimento della parete “folding” si alternano aperture di dimensioni più o meno grandi.

Il passaggio tra un livello e l’altro è sempre scandito da dispositivi di soglia: rientranze, slarghi, porticati o altri elementi simili che tendono ed evidenziare la comprensione della sfera sociale e dei suoi vari livelli.

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la forma e l’architettura come strumento pedagogico

Questa tematica della forma e lo spazio come elemento educativo viene ripresa delle teorie di Rudolf Steiner, prima, e di Bruno Munari dopo, negli anni 70’ del 900. Steiner, infatti, riteneva che il bambino sviluppa la sua personalità, in base alla propria individualità, ma in larga parte basandosi sull’ambiente esterno.

Per via di quest’ultimo aspetto risulta fondamentale porre il bambino in un ambiente adeguato che non influisca negativamente sul suo sviluppo. Secondo Steiner, infatti, tanto più il bambino vive in uno spazio semplice, tanto più si sentirà sicuro e capace di mettere in relazione oggetti ed avvenimenti. Lo sviluppo del mondo interiore del bambino, dunque, non è dato dalla quantità degli stimoli, ma dalla possibilità di mettere in relazione stimoli diversi. Per questa ragione gli spazi interni sono semplici; pareti prevalentemente bianche, con l’inserto di qualche elemento in legno e di pochissimi colori, come dei semplici fogli bianchi su cui il bambino possa scrivere il suo percorso interiore.

Bruno Munari, invece, riteneva che lo sviluppo della personalità e della creatività del bambino dipendesse da aspetti come la forma, il colore, la texture, la trasparenza od opacità. Tali elementi venivano definiti variabili visive, ritenute dei veri e propri strumenti didattici per poter sviluppare le capacità cognitive del bambino.

La centralità della comprensione geometrica attraverso l’intersezione, e la differenza come elemento di sviluppo cognitivo è, dunque, un elemento cardine delle teorie pedagogiche dello scorso secolo.

Il linguaggio compositivo del nostro progetto si basa sull’articolazione di geometrie elementari come il quadrato, il rettangolo ed il cerchio e sulla loro intersezione geometrica, questi elementi sono pensati come strumento che possa in qualche modo fungere da elemento pedagogico per lo sviluppo della creatività del bambino, oltre che, di una sua coscienza critica in grado di riconoscere la differenza nel tutto.

La forma della corte di accesso alla scuola interseca il volume del fabbricato stesso, creando interazioni di forma, a sua volta implementate dal pattern geometrico a scacchiera contenuto nel cortile circolare. La corte centrale della scuola, il volume della palestra e il playground esterno completano la composizione definendo quasi una rappresentazione astrattista dell’architettura. Il perimetro del cortile circolare viene poi definito da una facciata che crea, in accordo alle teorie di Munari, variazioni di trasparenza, e scala divenendo anche un elemento giocoso caratteristico della funzione didattica.

Infine, il rivestimento dell’edificio è scandito da un elemento “folding” una pannellatura in alluminio che si articola in una sequenza di elementi verticali ripiegati, con un passo a multipli di 0,6 m. Questo rivestimento riprende il concetto dell’origami e della carta, con l’intento di rappresentare le pareti dell’edificio come un libro di pagine vuote su cui il bambino possa scrivere la propria storia interiore.

 La facciata che presenta una colorazione grigio antracite uniforme per vie delle differenti ripiegature crea delle piccole alterazioni cromatiche dovute al riflesso della luce, e funge da sfondo per il colonnato del portico, anche questo a sequenza “casuale”, che viene evidenziato da tonalità tenui di turchese e blu.

Un elemento di contrasto con la rigida geometria delle forme proposte è costituito da una pavimentazione curvilinea fluida a racchiudere il portico per creare degli spazi di gioco in adiacenza ad esso. 

Il risultato della composizione, attraverso variazioni di forma, scala e trasparenza, mira dunque a stimolare la crescita sensoriale e la creatività del bambino.


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lo spazio “tra” come strumento di progetto

Lo spazio in-between, o “tra” che dir si voglia è l’elemento principale di ogni architettura, come il bianco e il nero, il pieno e il vuoto, è una relazione dialogica indispensabile di ogni architettura, l’uno rafforza l’altro.

Il progetto di una scuola, specialmente se si pone l’obiettivo di essere inclusiva e socializzante, non può dunque prescindere dalla progettazione dello spazio aperto.  Il concetto di in-between si correla strettamente con quello di luogo e quindi di spazio abitato ed esperito elemento di relazione tra l’architettura, le sue componenti ed il contesto.

 In architettura il concetto di in-between diventa tale quando negli 50 del 900’ alcuni esponenti del team X, come Aldo van Eyck decidono di porlo al centro dei loro progetti, identificandolo come un campo relazionale tra entità diverse e autonome. Da allora molti architetti hanno riflettuto sugli spazi in – between, ed oggi resta un concetto fondamentale della progettazione di un edificio scolastico per l’importanza degli aspetti compositivi assunti da quest’ultimo. La composizione infatti è il processo mediante il quale vengono organizzati e fissati gli elementi di un certo problema. Comporre vuol dire usare quanto si sà, ce lo insegna Bruno Munari, secondo il quale “la creatività e l’invenzione nascono da relazioni che il pensiero fa con ciò che conosce”.

Secondo Martin Buber il concetto di in-between è strettamente connesso con l’idea di dialogo, che è essenziale per una vita armoniosa di comunità. L’ In-between per Burber assume quindi una valenza sociale ed antropologica, grazie alla quale gruppi sociali interagiscono tra di loro, non in quanto simili ma in base all’accettazione della complementarietà e diversità tra di loro. Il concetto stesso di in–between deriva quindi dal concetto di differenza. Per Martin Heidegger, invece in-between assume una valenza spaziale, e cioè sta in mezzo, unisce due cose distanti.

Lo spazio aperto in questo progetto assume dunque questa doppia valenza ed in sintesi viene visto come elemento di Unione delle differenze, con il fine appunto di progettare una scuola inclusiva e solidale, come precedentemente enunciato.

Gli spazi aperti e collettivi sono posti nel progetto nei luoghi “tra”, tra lo spazio pubblico (strada) e quello collettivo (atrio), tra le varie funzioni con lo scopo di aggregarle e donare luce naturale (il patio), tra lo spazio interno e quello esterno (il cortile adiacente alle aule) , creando un luogo esterno protetto.

La posizione dello spazio aperto ho lo scopo preciso di aumentare l’inclusività e l’aggregazione dei cluster di utenze che utilizzano la scuola stessa.

I tre principali spazi aperti della scuola differiscono nella loro forma e destinazione d’uso oltre che nella posizione come precedentemente enunciato.

Il cortile di accesso è visto sia come elemento di relazione con la città che come sala d’attesa urbana uno spazio dotato di un elevata adattabilità, uno spazio più pubblico in senso lato.

Il patio centrale ha uno scopo principalmente funzionale e serve a garantire elevati livelli di illuminamento per tutte le aree connettive della scuola, può inoltre essere utilizzato come estensione all’aperto della mensa, notoriamente uno spazio di basse qualità nelle scuole, sia per la sua illuminazione e per un suo utilizzo per eventi e convegni extra scolastici.

Il cortile sul retro invece assolve alla funzione di estendere l’attività didattica nella natura in uno spazio protetto, che scaturisce da relazioni dirette tra interno ed esterno e spazio antropico e spazio naturale. La natura infatti come dimostrato da vari studi ha la capacità di stimolare i sensi e di implementare le capacità di apprendimento del bambino.

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I fattori ambientali come supporto alla didattica

La qualità dell’ambiente didattico diviene un elemento fondamentale per l’apprendimento. Per garantire infatti la concentrazione e la qualità della didattica, oltre che la sicurezza e la salubrità dell’ambiente esterno è opportuno intraprendere alcune soluzioni progettuali.

Larga parte della qualità ambientale è data dalla quantità di luce naturale in ambiente e del numero di ricambi d’aria e ventilazione naturale degli ambienti. La strategia adottata in tal senso è stata quella di posizionare le aule esposte a sud est del sito in modo da fornire illuminazione naturale nelle ore mattutine, tipiche delle attività didattiche, mentre le funzioni che necessitano di minor luce naturale sul nord ovest del sito, come la palestra e lo spazio multifunzionale o auditorio.  La mensa anche essa posizionata per questioni logistiche a nord, lato di accesso carrabile alla scuola si affaccia invece sul cortile centrale della scuola ricevendo luce naturale dall’ampia vetrata esposta a sud.

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Per illuminare il connettivo tra le classi accorpate a gruppi di due è stato inserito uno slargo del corridoio con funzioni para-didattiche dotato di ampie vetrate esposte a sud.

 

Infine la salubrità dell’ambiente interno viene data dalla ventilazione naturale, favorita dall’esposizione nord sud dell’edificio e dalla presenza del patio, che con apposite aperture garantisce un elevato flusso d’aria ed un adeguato livello di ventilazione naturale incrociata. La ventilazione naturale, come meglio specificato in apposito paragrafo successivo, per bilanciare le esigenze di tipo termico viene affiancata da un più efficiente sistema di Ventilazione Meccanica.

 La flessibilità come elemento ispiratore del progetto

La flessibilità nella costruzione è l’attitudine a subire deformazioni elastiche, se sottoposta a flessione. In senso lato la flessibilità è la capacità di adattarsi a situazioni diverse, di modificarsi, di cambiare la propria forma, in questo il concetto di flessibilità si accompagna a quello di resilienza, che è un concetto sempre più importante nella cultura e nella società contemporanea. La resilienza è la resistenza che si ha sottoposti ad un’azione, dunque la capacità di un oggetto di deformarsi senza rompersi e riprendere la forma originaria. In psicologia la resilienza è la capacità di reagire difronte a traumi. La società contemporanea pone questi concetti al centro della vita quotidiana e se è vero come viene teorizzato dal sociologo polacco, Zygmunt Bauman, che la nostra società è divenuta liquida, cioè deformabile, priva di forma propria, una società che deve costantemente adattarsi ai cambiamenti di stato che la sollecitano, anche l’architettura deve farlo.

Il covid lo ha dimostrato, la società si è dovuta adattare, le case sono diventate uffici, i centri sportivi dei centri vaccinali, le palestre degli ospedali, le scuole hanno dovuto adottare delle soluzioni di didattica alternativa, ridurre o eliminare del tutto la didattica in loco.  Ecco dunque che la flessibilità e la resilienza diventano dei temi chiave nell’architettura e quindi nella vita di tutti i giorni.

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La scuola del futuro deve abbandonare quella rigidità funzionale e offrire differenti alternative d’uso ai propri utenti, l’utente stesso diviene una variabile e l’edificio scolastico deve potersi aprire a dei cluster sempre più differenziati ed allargati. Il progetto, se da una parte, ponendo le principali attività collettive al pian terreno sul lato di accesso carrabile e pubblico, offre dunque la possibilità di un uso extrascolastico dell’edificio senza che questo interferisca con la funzione principale; dall’altra predispone le attività didattiche in modo da accoppiare le sezioni, in questo modo sezioni dello stesso anno didattico possono grazie all’apposita realizzazione di pareti mobili svolgere attività collettive congiuntamente. Inoltre in caso di workshop extrascolastici o in casi estremi come quelli della pandemia si potrebbero  creare spazi più grandi e areati riducendo la possibilità di contagio da agenti esterni.

Il principio di flessibilità è inoltre stato adottato su tutto il progetto prevedendo anche per le aree comuni l’uso di pareti mobili e usi transitori e alternativi degli spazi stessi. Lo spazio funzionale al pian terreno può diventare infatti all’occorrenza un unico ambiente di proiezione di contenuti multimediali, così come specificato dalle richieste del bando.

 

Progettazione sensoriale per la stimolazione creativa

La stimolazione sensoriale come elemento educativo è un principio saldo in molte delle teorie pedagogiche, Maria Montessori ad esempio rimarca come l’allenamento sensoriale deve essere praticato tra i 3 ed i 6 anni in concomitanza con l’attività motoria. Porre il bambino in un ambiente che offra molteplici stimolazioni sensoriali, infatti, tende a sviluppare la sua intelligenza. L’architettura stessa deve quindi offrire questa opportunità sensoriale e il nostro progetto lo fa attraverso alcune soluzioni.

 

 In primo luogo attraverso l’utilizzo di materiali differenti nel loro colore, nella loro texture e nelle sensazioni tattili. Si hanno, dunque, principalmente 5 materiali distinti con diverse sensazioni tattili che possono assolvere allo sviluppo di questo senso: le pareti opache dell’involucro sono rivestite in alluminio che restituiscono una sensazione tattile liscia, le pareti interne sono previste in due materiali, da una parte l’intonaco che si presenta ruvido e duro, dall’altra il legno ed il sughero materiali naturali meno ruvidi rispetto all’intonaco e più soffici. Infine le aree esterne a playground sono predisposte con inserti in gomma tartan. Non ad ultimo la scala principale posta nell’atrio della scuola e gli spazi di “scoperta” posti tra una classe e l’altra arredati con sedute soffici per dare un ulteriore step di differenziazione delle sensazioni tattili dell’edificio.  

 

In secondo luogo, un altro elemento sensoriale che è stato incluso nella progettazione è la vista: da una parte le ampie vetrate e la dotazione di aree aperte e verdi, creano coni visivi verso l’esterno atti ad arricchire le sensazioni visive, dall’altra l’uso del colore nella progettazione dello spazio esterno ed interno stimola la comprensione delle differenze.

Secondo le teorie di Rudolf Steiner, fondatore del metodo Waldorf, lo sviluppo interiore è dato non tanto dalla quantità di stimoli che si danno al bambino, ma piuttosto dalla capacità di mettere in relazione gli stimoli stessi.  Così sarà più educativo e stimolante per la crescita presentare al bambino sfumature dello stesso colore piuttosto che innumerevoli colori distinti, in questo modo egli svilupperà la capacità di comprendere la differenza sottile.

In base al principio appena enunciato è stata proposta la color palettes degli ambienti esterni ed interni. Esternamente è stato previsto un colonnato che corre lungo tutto il perimetro pubblico della scuola; per questo elemento è stata scelta una duplice strategia precedentemente anticipata. La facciata opaca dell’edificio è rivestita con una pannellatura “folding”, ripiegata in alluminio, di tonalità grigio antracite, le piegature della facciata che si presentano in una sequenza apparentemente casuale in multipli di 600 mm per la differenziata riflessione della luce offrono delle variazioni cromatiche della stessa. Questo elemento funge da sfondo per il colonnato che invece viene proposto in gradiente di turchese, colore che richiama il cielo e il mare elementi cardine del paesaggio della città di Rimini.

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Per quanto riguarda lo spazio interno invece si è scelto di inserire sulla color palettes tenue fatta di intonaco e legno atta a presentare un ambiente semplice e non artefatto dove il bambino possa dare liberamente sfogo alle sue capacità cognitive l’aggiunta di un solo colore. In questo caso, per non generare delle categorizzazioni sessiste, sono stati inseriti dei toni di verde, riproposti nei cuscini delle sedute, nelle pareti mobili e sul lato interno della tamponatura.


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